A Pompei l’arte è tra gli scavi e in un piatto a base di pesce

Ricordo ancora, come se fosse ieri, la gita di prima media: gli Scavi a Pompei, con i dipinti intatti sulle mura delle case, rimasti illesi all’eruzione. A quell’età, come a 28 anni, quando ci sono ritornata, colpisce la storia del Vesuvio che nel 79 d.C. erutta e cancella in un attimo un’intera città, lasciando in eterno le sagome pietrificate dei pompeiani alle prese con le loro attività. Mi chiedo se ci possa essere ancora in Italia qualcuno che non abbia visto questo tesoro; chi non l’ha ancora fatto, ponga rimedio al più presto, anche perché a Pompei iniziano a cedere i muri e a crollare rovinosamente (vedi casa del Moralista nel 2010).

Esserci tornata da grande mi ha fatto apprezzare anche altri aspetti, come la cucina del posto, dagli ingredienti a km 0, o quasi, come va di moda dire ultimamente. Il turbante di spaghetti di Gragnano con calamari e basilico è un’opera d’arte che si imprime nei ricordi gustativi, non a caso il posto dove li ho mangiati si chiama “O primmo ammore” (in via Lepanto, 180), non si dimentica più. E poi ancora la zizzona di Battipaglia, la pezzogna in crosta di patate con salsa di basilico e potrei continuare a elencarvi la variegata lista del menù, ma non voglio farvi soffrire e ve la lascio scoprire da soli. Degni di nota: il forno a legna e i cibi senza glutine, dalla pizza ai dolci.

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